Si chiama Carbon Border Adjustment Mechanism (nome in codice "Reg. UE 2023/956") e il suo acronimo, Cbam, onomatopeicamente già dice tutto: lo strumento dell'Unione Europea per tutelare l'ambizione climatica comunitaria e promuovere una transizione industriale più sostenibile rischia di essere una barriera commerciale, contro la quale imprese potrebbero andare a sbattere. Perchè la fase transitoria del meccanismo che introduce una tassa sul carbonio applicata all'importazione di determinati beni ad alta intensità emissiva provenienti da Paesi extra UE sta per terminare, per entrare definitivamente in vigore a partire dal 1° gennaio 2026, imponendo agli importatori l'obbligo di acquistare certificati proporzionati alle emissioni incorporate nei beni provenienti da Paesi terzi.
"Ad oggi le imprese italiane importatrici di prodotti 'ad alta intensità di carbonio' (come il cemento, i prodotti siderurgici, i fertilizzanti e l'alluminio) sono tenute a trasmettere trimestralmente al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica rapporti dettagliati sui prodotti importati", spiega a Economy Guglielmo Fabbricatore, partner dello studio legale DWF Italia e co-head of Energy. "In seguito, dal 1° gennaio 2026, le imprese dovranno dichiarare annualmente la quantità di merci soggette a Cbam importate nell'anno precedente e i dati delle emissioni di anidride carbonica 'incorporate'.
Esse saranno quindi tenute ad acquistare un numero di certificati Cbam corrispondenti alla quantità di emissioni dichiarate". Se le intenzioni sono ottime – evitare il carbon leakage, ossia lo spostamento della produzione industriale verso Paesi con regolamentazioni ambientali meno stringenti e garantire che il prezzo del carbonio pagato sui beni importati sia equivalente a quello dei prodotti fabbricati nell'UE – non è detto che il sistema favorisca davvero una concorrenza più equa tra produttori europei ed extraeuropei e incentiva processi produttivi più puliti a livello globale. "Auspicabilmente il Carbon Border Adjustment Mechanism migliorerà il funzionamento del sistema di controllo sulle emissioni, riducendo il rischio di 'concorrena sleale' tra le produzioni europee e quelle di importazione al fine di mantenere la competitività delle industrie europee, e incentiverà l'adozione di tecnologie più sostenibili anche al di fuori dell'Unione Europea", conferma Fabbricatore. Ma c'è un 'ma': "Le industrie, in particolare quelle dei cosiddetti settori 'hard-to-abate', dovranno sostenere costi elevati al fine di adeguare i processi produttivi a standard ambientali più rigorosi. Il Cbam, inoltre, richiederà lo sviluppo di cooperazioni bilaterali, multilaterali e internazionali con i paesi terzi e, stante la complessità del meccanismo, l'implementazione potrebbe presentare delle criticità. Come noto, nel contesto del Clean Industrial Deal, si attende l'intervento della Commissione Europea per semplificarne la disciplina al fine di garantire un'attuazione coerente e uniforme e coniugare decarbonizzazione e competitività".