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Tassazione dei piloti non residenti: rilevano ore nel territorio italiano

08 December 2025

La risposta alla consulenza giuridica proposta da un'associazione di categoria n. 15 del 25 novembre 2025, da parte dell'Agenzia delle Entrate, con riferimento all'imponibilità, in Italia per le ore trascorso nell'attraversamento dello spazio aereo italiano, dei redditi dei piloti non residenti ha fornito i criteri generali d'imposizione e il meccanismo di calcolo del reddito.

L'associazione aveva chiesto un parere sulla corretta interpretazione della locuzione "reddito prestato nel territorio dello Stato" ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera c) del TUIR e della locuzione redditi prodotti in Italia, ai sensi dell'articolo 16, del Decreto Legislativo n. 147 del 2015 in relazione al calcolo del reddito prodotto in Italia dai piloti durante le tratte internazionali che interessino parzialmente il territorio dello stato italiano. 

La risposta dell'Agenzia delle Entrate è precisamente circoscritta alla normativa italiana e, dunque esula, come esplicitamente statuito nella risposta, da qualsivoglia considerazione in merito all'applicazione di un Trattato internazionale concluso con l'Italia. Sul punto, l'associazione si riserva di presentare una seconda istanza in relazione all'applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. 

Nel dettaglio, l'Agenzia delle Entrate ribadisce che sono imponibili in Italia esclusivamente:

  • i redditi derivanti da voli interni;
  • la quota di reddito relativa alle ore di lavoro svolte all’interno dello spazio aereo nazionale, anche per voli internazionali.

Richiamando il contenuto degli artt. 3 e 23 del TUIR. Conseguentemente, per i piloti non residenti:

  • in caso di voli interni, l'ammontare totale del reddito sarà imponibile in Italia;
  • in caso di voli internazionali, sarà imponibile solo la quota riferita al lavoro svolto nello spazio aereo italiano. Le ore di lavoro svolte all’estero non saranno dunque imponibili in Italia.

Da ultimo l’Agenzia ribadisce gli obblighi in capo al datore di lavoro sostituto d'imposta in caso di impiego di lavoratori impatriati (art. 16, D.lgs. 147/2015), in quanto l'associazione manifesta l'emersione di criticità sia con i piloti che con gli uffici dell'amministrazione finanziaria. 

Per quanto riguarda uno dei criteri su cui si basa la risposta, ossia il c.d. "spazio aereo nazionale, rileviamo che non si possa prescindere dall'applicazione delle norme aeronautiche per darne una concreta e coerente applicazione. 

Sul piano aeronautico, è necessario quindi una ricostruzione precisa del tempo trascorso nel FIR/UIR italiano, poiché è questo elemento — e non la bandiera dell’aeromobile, la sede del vettore o la base di servizio del pilota — a determinare la porzione di reddito fiscalmente rilevante.

Questa ricostruzione non può prescindere dai dati tecnici utilizzati dai vettori, che permettono di individuare con precisione l’ingresso e l’uscita dall’area di responsabilità italiana (piani di volo ICAO, routing Eurocontrol, OFP, report operativi, ACARS o EFB). 

Tra di essi, un ulteriore elemento che conferma la logica territoriale applicata dall’Agenzia è rappresentato dai diritti di sorvolo, intesi non solo come autorizzazioni al transito, ma anche come oneri economici dovuti ai Paesi attraversati. Ogni Stato esercita piena sovranità sul proprio spazio aereo e applica specifiche tariffe per il suo utilizzo (le c.d. route charges, calcolate in base al peso dell’aeromobile e alla distanza percorsa nel FIR/UIR nazionale). Questi diritti di sorvolo, riscossi dallo Stato sorvolato e indipendenti dalla nazionalità del velivolo o del vettore, dimostrano come l’attraversamento dello spazio aereo generi effetti giuridici ed economici direttamente riferibili allo Stato stesso. 

La medesima logica sottende il criterio fiscale: quando il pilota presta attività nei cieli italiani — anche per tratte di sorvolo — tale lavoro è territorialmente riferibile all’Italia, a prescindere dalla bandiera dell’aeromobile o dalla natura internazionale del volo.

In questo contesto si inserisce anche la disciplina FTL, che scandisce la duty period del personale navigante, poiché la porzione di attività fiscalmente rilevante va estratta dall’interno della più ampia struttura operativa definita dalle FTL: il tempo imponibile coincide con la “work portion” effettivamente svolta in Italia (cioè il segmento del volo in cui il pilota è in attiva prestazione e l’aeromobile è fisicamente nello spazio aereo nazionale), distinguendosi dalla parte di duty non svolta nei cieli italiani.

 

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