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Le misure della legge Delega al Governo per la riforma fiscale, 9 agosto 2023, n. 111, entrata in vigore il 29 agosto, si prefiggono, tra le altre cose, l'obiettivo di delineare un impianto giuridico stabile, all'interno del quale si possa dare attuazione a politiche economiche competitive a beneficio del territorio. In questo senso, non solo viene riscritta la disciplina sull'Irpef, sui redditi di natura finanziaria, e sugli incentivi per le imprese, ma si strizza l'occhio anche alle misure volte a incoraggiare l'investimento di capitali in Italia e il trasferimento di residenza da parte degli stranieri.
La riforma, infatti, si prefigge di revisionare la disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società come criterio di collegamento personale all'imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall'Italia per evitare le doppie imposizioni.
Per fare chiarezza su quest'ultimo punto, We Wealth ha interpellato lo Studio DWF, i cui professionisti, hanno maturato una consolidata esperienza nell'assistere clienti Hnwi (high net worth individuals) interessati a trasferire la residenza fiscale in Italia (anche) per beneficiare delle norme agevolative.
Come mai l'Italia è una meta particolarmente attrattiva per gli stranieri? Si può considerare competitivo l'environnement fiscale italiano rispetto agli altri Stati europei?
L'Italia, negli ultimi anni, si è allineata ai regimi fiscali di favore di altri Paesi del contintente europeo (Portogallo, Regno Unito, ecc.), cercando di attrarre sia risorse umane attive nel mondo lavorativo (pensiamo al regime degli "impatriati"),sia persone facoltose che recano con sé ingenti disponibilità di capitali. Da un punto di vista generale, queste misure hanno effettivamente contribuito ad un "rimpatrio" di professionalità e di soggetti facoltosi, il che ha contribuito anche ad incrementare i valori immobiliari di alcune zone d'Italia (si pensi, ad esempio, alle quotazioni di Milano centro, dove risiedono molti "neo residenti"). A questo proposito, il regime di favore per i neoresidenti che hanno ingenti capitali all'estero (art. 24bis del TUIR) presenta una attrattiva più evidente per il profilo reddituale e, come tale, è stata promosso dagli organi di stampa; si pensi ai casi di sportivi famosi che versano "solo" Euro 100 mila in misura fissa con riguardo ai redditi maturati all'estero. In realtà, questo particolare regime va esaminato con attenzione soprattutto con riferimento ai passaggi generazionali, giacché prevede una totale esenzione da imposta di successione e donazione per il trasferimento degli attivi detenuti al di fuori del nostro territorio. Questo aspetto, per molti dei nostri assistiti provenienti dalla Francia, dal Regno Unito o dalla Svizzera, rappresenta un vero e proprio "paradiso fiscale", poiché le imposte di successione per i patrimoni ingenti in questi Paesi sono normalmente molto più "dolorose".
Quali sono i problemi che gli stranieri che si trasferiscono nel territorio riscontrano maggiormente e come può un consulente essere di supporto?
I cittadini stranieri facoltosi gli "high net worth individuals" che trasferiscono la residenza fiscale in Italia per beneficiare del citato regime della "flat tax" di cui all'art. 24bis del TUIR, generalmente non incontrano particolari criticità nel riconoscimento dei requisiti per l'ingresso nel menzionato regime, nella misura in cui non abbiano avuto pregressi legami familiari o lavorativi con l'Italia. Il problema non è l'immediato, dunque, bensì la permanenza in questo status e i rapporti futuri con il nostro Fisco. Infatti, generalmente gli HNWI che intraprendono questa nuova scelta di vita sono assistiti da gestori patrimoniali e fiduciari esteri che, per segregare i rischi patrimoniali, garantire la confidenzialità e ottimizzare la fiscalità, hanno già articolato ed organizzato diverse strutture societarie o fiduciarie (trust, fondazioni, ecc.). Ora, non sempre l'Agenzia delle Entrate, nella risposta positiva all'interpello di cui all'art. 24bis citato, si occupa di quello che sarà il futuro di queste relazioni articolate con strutture societarie e/o di trust e fondazioni assai complesse, ma piuttosto si concentra sui requisiti per l'ammissibilità "tout court"; quindi, in realtà, il Fisco si preoccupa soprattutto dell'ingresso in Italia con il nuovo regime fiscale, lasciando sovente margini di incertezza fiscale sulla gestione continuativa di queste "strutture", il pagamento di proventi ecc.. In maniera analoga, anche i grandi manager che accedono con redditi significativi al regime degli ''impatriati" con tassazione solo sul 30% del reddito di lavoro dipendente, possono trovarsi di fronte ad incertezze interpretative. I valori in gioco, come è intuibile, sono preoccupanti per questi contribuenti sotto il profilo del rischio sanzionatorio. E qui veniamo alle novità, appunto.
Quali sono le novità? Quali le misure più rilevanti nella legge Delega (n. 111/2023) a favore degli stranieri interessati a trasferire la residenza in Italia?
In una ottica di "competitività" dei regimi premiali per i neoresidenti, una delle criticità maggiormente evidenziata dagli operatori di settore è proprio il rapporto continuativo, nel lungo periodo, fra i cc.dd. HNWI e il nostro Fisco. Sui descritti profili di incertezza, interviene proprio la legge delega conl'art. 17 che prevede l'istituzione di un ufficio specializzato all'interno dell'Agenzia delle Entrate, dedicato al confronto e al ''tutoring" continuativo con i nuovi residenti. In particolare, la norma citata statuisce, in particolare, "l'introduzione di un regime di adempimento collaborativo per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia nonché per quelle che la mantengono all'estero ma possiedono, anche per interposta persona o tramite trust, nel territorio dello Stato un reddito complessivo, comprensivo di quelli assoggettati a imposte sostitutive o ritenute alla fonte a titolo d'imposta, mediamente pari o superiore a un milione di euro". Si tratta di una novità nel rapporto con il Fisco, a nostro avviso, da salutare con estremo favore, perché garantisce la stabilità dei rapporti fra il nostro Erario e i nuovi residenti, in quanto "grandi contribuenti". Nel dettaglio, auspichiamo che il reddito da "verificare" con l'adempimento collaborativo sia da intendersi come "italiano" quello ovunque prodotto; in tal caso, ad esempio, il deposito titoli potrebbe essere ubicato in Italia oppure all'estero (dunque in altro Paese UE ovvero in Svizzera, Montercarlo o Regno Unito), consentendo così al contribuente una piena libertà di scelta nei rapporti bancari a prescindere dalla variabile "fiscale".
Inoltre, compatibilmente con la necessità di risorse umane dell'Agenzia delle Entrate dedicate a tale ruolo, è ulteriormente auspicabile che la soglia di reddito imponibile un milione di euro debba, in un futuro prossimo, essere ridotta ad euro cinquecentomila per ricomprendere una fascia più ampia di contribuenti facoltosi.
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