La legge di Bilancio 2021 (legge n. 178 del 30 dicembre 2020) contiene norme di rilevante interesse per gli investitori istituzionali esteri. A decorrere dal 1° gennaio, è infatti prevista l’esenzione da imposte per dividendi e plusvalenze relativi a partecipazioni (qualificate) realizzati da organismi di investimento collettivo del risparmio stabiliti all’interno dell’Unione europea (o in Stati appartenenti allo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni). Per beneficiare dell’esenzione è sufficiente che gli Oicr esteri siano conformi alla direttiva Ucits (direttiva 2009/65/Ce), ovvero siano gestiti da un gestore soggetto a vigilanza in base alla direttiva Aifmd (direttiva 2011/61/Ue). Analogamente a quanto previsto ai fini dell’esenzione per gli stessi redditi prodotti da Oicr italiani (articolo 73, comma 5-quinquies del Tuir), il beneficio per gli Oicr esteri qualificanti non è infatti subordinato a condizioni oggettive. La modifica risponde all'esigenza di evitare la procedura di infrazione da parte della Commissione Ue, in relazione alla disparità di trattamento tra Oicr italiani, esenti, ed esteri, imponibili, la quale non è giustificata da alcuna differenza rilevante o da finalità antielusive, in violazione dell’articolo 63 del Tfue che disciplina la libertà fondamentale di circolazione dei capitali. Varie normative europee, recanti una disparità di trattamento tra fondi nazionali e fondi esteri analoga a quella italiana, erano state già oggetto di censura da parte della Corte di giustizia Ue (si vedano i casi Aberdeen, Santander, Fidelity funds e, da ultimo, Ka Deka).
La nuova norma, tuttavia, rischia di generare talune questioni di ordine pratico da valutare con attenzione nel prossimo futuro. In primo luogo, infatti, è opportuno ricordare che la libertà fondamentale di circolazione dei capitali (articolo 63 del Tfue) trova applicazione anche nei confronti degli Stati terzi (si veda, per tutte, la sentenza Cgue Emerging markets). Pertanto, nel limitare l’esenzione ai soli fondi stabiliti nell’Ue o nello See, la norma lascerebbe sopravvivere la discriminazione per gli Oicr stabiliti fuori dalla Ue. Inoltre, prevedendo l’efficacia della nuova disciplina solo a decorrere dal 1° gennaio 2021, la discriminazione si verificherebbe per il passato anche a danno degli Oicr stabiliti all’interno dell’Unione.
In entrambi i casi sopra esposti, i gestori dei fondi che hanno subito o subiranno un prelievo su dividendi e plusvalenze potranno chiedere il rimborso delle imposte applicate in violazione dell’articolo 63 Tfue. È ragionevole pensare, dunque, che in entrambe le ipotesi le iniziative dei contribuenti siano destinate ad alimentare il contenzioso con l'Agenzia delle entrate, e le Commissioni tributarie adite avranno l'onere di valutare se rimettere alla Corte di giustizia i casi che dipendono dall’interpretazione delle norme di matrice comunitaria.
Altra questione di rilievo, che ha già attirato l'attenzione dei primi commentatori, riguarda il possibile impatto della nuova norma sulla valutazione dell’elusività delle strutture di "holding intermedie", normalmente utilizzate da parte dei fondi (UE e non) per le acquisizioni societarie, da qualche tempo oggetto di contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria. Tali contestazioni, generalmente fondate sull’asserita artificiosità delle società intermedie, in molti casi qualificate come mere interposte, assumono che l’unica finalità (asseritamente strumentale e elusiva) sia quella di assicurare ai soci il vantaggio fiscale previsto dalle direttive madre-figlia e interessi e royalties, nonché dalle convenzioni contro le doppie imposizioni, con conseguente ripresa a tassazione piena di dividendi, interessi e plusvalenze.
Tanto premesso, la nuova norma testimonia comunque la presa di coscienza della natura discriminatoria dell’imposizione alla fonte, contribuendo a indebolire fortemente tali contestazioni e va, pertanto, accolta con soddisfazione.
Authors: Tancredi Marino, Francesco Provenzano and Vincenzo Lorusso.