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La prova per presunzioni della consapevolezza di un'azione giudiziaria nell'art. 1892 c.c.

27 March 2025

Le gravi condizioni del paziente all'esito di un intervento non bastano da sole per ritenere che il medico assicurato potesse sospettare di una possibile azione giudiziaria nei suoi confronti, con conseguente esclusione dell'inoperatività della polizza ai sensi dell'art. 1892 c.c.

Il 13 marzo 2025 la Terza Sezione Civile della Suprema Corte ha emesso un'importante ordinanza, avente ad oggetto l'interpretazione dell'art. 1892 c.c.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, una donna si era sottoposta presso un ospedale a due interventi per una resezione intestinale, a seguito dei quali si sono resi necessari altri due interventi per diverticolite, eseguiti da un diverso medico. Successivamente, a causa del peggioramento delle condizioni di salute della paziente, quest'ultima veniva trasferita in un secondo nosocomio, dove decedeva.

Gli eredi della paziente, quindi, hanno citato in giudizio il medico del primo ospedale che aveva effettuato i primi due interventi e l'azienda di cui fanno parte entrambi i nosocomi. Il medico aveva chiamato in causa le sue due Compagnie Assicurative, che avevano eccepito l'inoperatività della polizza.

Nell'ambito del primo grado di giudizio, la Compagnia Assicurativa ha sostenuto che l'assicurato non avesse comunicato la possibilità di un'azione giudiziaria nei suoi confronti.

Il Tribunale di Velletri respingeva tale eccezione esponendo che non vi erano prove del fatto che, dopo l'intervento, il medico potesse sospettare che gli avrebbero chiesto un risarcimento in conseguenza del suo operato, anche in considerazione del fatto che la paziente era deceduta presso un diverso ospedale. Conseguentemente, veniva accertata la responsabilità del medico, condannato al risarcimento del danno, con condanna altresì di una delle due Compagnie Assicurative alla manleva. Quest'ultima, l'azienda sanitaria e il medico, quindi, hanno impugnato la sentenza dinanzi alla Corte d'Appello di Roma che, riformando la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di manleva del medico in applicazione dell'art. 1892 c.c.

La Corte d'Appello di Roma ha riformato tale capo della sentenza indicando che "il medico doveva sapere, doveva essere consapevole che gli avrebbero fatto causa", in quanto la paziente aveva subito due interventi da lui, e che l'appartenenza del secondo nosocomio alla medesima azienda sanitaria lasciava presumere che la notizia del decesso fosse a lui nota, ritenendolo dunque reticente per colpa grave.

La sentenza della Corte d'Appello, quindi, è stata impugnata con ricorso in Cassazione dal medico, per quanto di interesse, per violazione dell'art. 1892 c.c. e dell'art. 2729 c.c., a norma del quale il Giudice può ammettere come prove elementi dedotti in via presuntiva, risalendo da un fatto noto ad un fatto ignoto, solo se le presunzioni sono gravi, precise e concordanti.

Il medico quindi ha contestato la ricostruzione dei fatti del giudice di secondo grado, affermando che non poteva sapere che gli avrebbero fatto causa, e che tale elemento è stato ricavato da una presunzione non "grave", cioè l'appartenenza dei due ospedali alla stessa azienda.

La Cassazione ha accolto il ricorso ritendendo fondato tale motivo di impugnazione.

In particolare, la Suprema Corte ha esposto che la consapevolezza dell'assicurato della possibilità di ricevere una richiesta di risarcimento dev'essere valutata all'epoca dei fatti, e presuppone che si siano verificati episodi che possano far nascere tale sospetto, come le rimostranze del paziente o dei suoi parenti.

Invece, alcun elemento era agli atti del processo di merito in grado di far presumere che il medico potesse ritenere la possibilità di una azione per responsabilità professionale nei suoi confronti, causa che in effetti è stata instaurata ben due anni dopo il suo operato.

Secondariamente, la gravità delle condizioni della paziente non è sufficiente, di per sé a fondare il sospetto di una richiesta risarcitoria, "in quanto la gravità delle condizioni di salute di un paziente, a seguito dell'intervento, non indica necessariamente una responsabilità del medico, né indica, di per sé, che il paziente o suoi eredi faranno causa".

Quindi, secondo la Corte di Cassazione, ai fini della prova per presunzioni di cui all'art. 2729 c.c., il fatto noto, cioè le condizioni gravi della paziente, non è "grave" perché non indica con certezza assoluta il fatto ignoto, cioè la futura richiesta di risarcimento: "nella generalità dei casi di aggravamento non segue una azione giudiziaria a carico del medico: solo dimostrando che, solitamente, quando le condizioni del paziente si aggravano il medico è poi citato in giudizio, si potrà dire che l'indizio porta al fatto ignoto, ossia si potrà dire che esiste una massima di esperienza (o una inferenza statistica) che consente di indurre dal fatto noto quello ignoto".

L'appartenenza dei due ospedali alla medesima azienda sanitaria, peraltro, non implica che il medico fosse a conoscenza del decesso della paziente, in quanto: "Non si può dire che ciò che accade in uno dei due ospedali, distanti tra loro, si presume che si sappia anche nell'altro, per via di un dato meramente organizzativo", cioè appunto l'appartenenza alla medesima azienda.

Pertanto, è stata esclusa la sussistenza della reticenza per colpa grave, atteso che la stessa si basa "sulla erronea valutazione di elementi dai quali era facile o di comune esperienza dedurre che il medico avrebbe potuto essere esposto ad un'azione di responsabilità", e tali elementi non sono stati considerati presenti nel caso di specie per le ragioni sopra indicate.

In sintesi, quindi, né le gravi condizioni della paziente all'esito dell'intervento, né l'appartenenza dei due ospedali alla stessa azienda potevano far presumere che il medico sospettasse che gli avrebbero chiesto il risarcimento del danno a causa della sua attività professionale e, dunque, non è stato ritenuto reticente per colpa grave su tale circostanza, con conseguente impossibilità di applicare l'art. 1892 c.c. e rifiutare la copertura assicurativa.

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