La controversia, per i profili di interesse, verteva in ambito di responsabilità dell'operatore sanitario e segnatamente dell'assunzione del medesimo rischio da parte dell'assicuratore della struttura sanitaria e dell'assicuratore del professionista. Veniva sostenuto dall'assicuratore della struttura sanitaria che, avendo risarcito l'intero danno, tale compagnia avrebbe avuto diritto di regresso nei confronti della assicurazione del professionista ai sensi dell'art. 1910, comma 4, c.c., diritto negato da tale ultima società.
La domanda veniva rigettata in primo grado ritenendo che la polizza contratta dall'operatore sanitario operasse "a secondo rischio", ovverosia in ipotesi di incapienza e/o inefficacia di eventuali ulteriori assicurazioni contratte a copertura del medesimo rischio.
Ad esito del giudizio di appello, veniva ritenuta l'operatività delle due coperture e, pertanto, la sussistenza nel caso di una assicurazione plurima regolato dall'art. 1910 c.c., affermando il diritto della compagnia che assicurava la struttura sanitaria a rivalersi nei confronti della compagnia che assicurava il medico nella misura del 50% dell'indennizzo pagato.
In sede di legittimità, entrambe le compagnie lamentavano la violazione della previsione codicistica in punto di riparto tra i due assicuratori che hanno assunto il medesimo rischio dell'indennizzo.
La questione è stata, infatti, a lungo dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza, a fronte dell'esistenza di due diversi orientamenti sul punto:
un primo orientamento sostiene che la quota di danno a carico di ciascun assicuratore (e quindi, specularmente, la misura del regresso cui ciascun assicuratore ha diritto) debba calcolarsi in proporzione del massimale garantito da ciascuno di essi;
un secondo orientamento, invece, ritiene che la quota di indennizzo gravante su ciascun assicuratore (e quindi, specularmente, la misura del regresso a lui spettante) vada calcolata in proporzione non già del valore assicurato, bensì dell'indennizzo concretamente dovuto in base al contratto.
La Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha analizzato la natura della disposizione codicistica ricordando che la ratio dell'articolo 1910, quarto comma, c.c. è quella di ridurre, in presenza di più assicuratori, il peso economico del sinistro per ciascuno di essi.
La Corte ha osservato che un tale vantaggio, che riflette indirettamente sugli assicurati che sostengono un minor premio, non sarebbe assicurato qualora il regresso fosse rapportato al massimale. E ciò in tutti quei casi in cui l'assicuratore, pur avendo garantito un massimale elevato, per effetto di franchigie o scoperti sia tenuto a pagare un indennizzo modesto, ovvero in quei casi in cui la polizza non preveda un massimale.
Per la Suprema Corte, dunque, non è coerente con la ratio della norma neppure un'interpretazione che ruoti attorno al concetto di rischio, inteso quale evento naturale, assicurato, poiché: "se la presenza di più assicuratori non riduce la probabilità statistica di avveramento dell'evento, l'assicuratore che stipula il secondo contratto in ordine di tempo non si accolla affatto un rischio minore in termini di probabilità statistica. E, se non corre un rischio naturale minore rispetto agli altri assicuratori, non ha senso pretendere di giustificare la misura del regresso in base al rischio corso".
Ed allora, osserva la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento, al fine di evitare che la regola di riparto in proporzione del massimale possa azzerare il diritto di regresso di un assicuratore nei confronti dell'altro, si impone di ritenere che: "se più assicuratori hanno coperto in modo indipendente l'uno dall'altro il medesimo rischio (c.d. assicurazioni plurime), quello tra loro che ha pagato all'assicurato l'intero indennizzo dovuto secondo il contratto ha diritto di regresso in misura proporzionale rispetto all'indennizzo contrattualmente dovuto da ciascuno degli altri assicuratori."
La Corte di Cassazione, nel declinare il principio in concreto, ha affermato come tale misura debba essere determinata moltiplicando il danno patito dall'assicurato per l'indennizzo concretamente dovuto dal singolo assicuratore e dividendo, poi, il prodotto per la sommatoria degli indennizzi concretamente dovuti da tutti gli assicuratori.
Si tratta dunque di un arresto importante per l'operatività delle compagnie, che concorre a chiarire le modalità concrete con cui il 1910 c.c. affermando un criterio di calcolo destinato a trovare applicazione nella prassi liquidativa degli operatori.