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L'assenza del c.d. rischio demografico nelle polizze unit-linked "pure" e la conseguente inapplicabilità dell'art. 1923 c.c.

19 March 2024

Con la sentenza n. 3785 del 12 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha indicato quali caratteristiche devono possedere le polizze unit-linked per essere considerate dei contratti assicurativi previdenziali, con conseguente applicazione dell'art. 1923 comma 1 c.c. che, nell'ambito delle assicurazioni sulla vita, dispone che "le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare".

Com'è noto, le polizze linked vengono ricondotte al ramo vita e, in particolare, l'art. 2 comma 1 n. III D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 le descrive come le assicurazioni "le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento". Se tali polizze sono collegate al valore di quote o fondi, allora sono della tipologia unit-linked; invece, se sono collegate al valore di indici azionari, rientrano nella categoria delle polizze index-linked.

La sentenza in commento, quindi, suddivide in tre sotto-categorie le polizze unit-linked: le polizze guaranteed, le partial garanteed e, infine, le polizze unit-linked c.d. pure, indicando che solo queste ultime non rientrano nella definizione normativa sopra indicata, consistendo in contratti speculativi anziché previdenziali.

Infatti, nelle prime due sotto-categorie l'assicuratore assume su di sè in due gradazioni diverse il c.d. rischio demografico, in quanto al verificarsi di un evento attinente alla vita umana viene sempre e comunque riconosciuta una somma di denaro all'assicurato, a prescindere dal valore delle quote o dei fondi collegati alla polizza. Al contrario, nella terza sotto-categoria, se il valore delle quote o dei fondi si azzera non viene corrisposta alcuna prestazione all'assicurato, che si assume così il c.d. rischio finanziario dell'investimento.

Pertanto, nella predetta sentenza la Suprema Corte ha stabilito che nelle polizze unit-linked pure il rischio demografico è solo apparentemente presente, e funge soltanto da parametro temporale in grado di individuare il momento in cui verrà eventualmente liquidata la somma, ma non è in grado "di incidere minimamente sulla prestazione dell'assicuratore, non garantendo all'assicurato, proprio secondo la stipula, il riconoscimento di una somma di denaro minima, pur ridotta rispetto all'ammontare dei premi versati, che sia completamente "slegata" dal valore sottostante delle quote di investimento, o attribuendo allo stesso una somma del tutto irrisoria".

La Cassazione ha quindi confermato la decisione della Corte d'Appello di Venezia, che aveva qualificato la polizza unit-linked pura sottoposta al suo esame come uno strumento finanziario per la sussistenza di alcuni elementi, quali il pagamento del premio in un'unica soluzione e la dipendenza esclusiva della prestazione dell'assicuratore dall'andamento di un fondo, stabilendo che l'unico rischio era posto a carico dell'assicurato, soggetto alla redditività del fondo di cui aveva acquistato alcune quote. Pertanto, proprio per l'assenza di un capitale minimo garantito e indipendente dall'oscillazione del valore delle quote e, quindi, del fondo, la Corte D'Appello aveva escluso la sussistenza del rischio demografico e, conseguentemente, la qualificazione del contratto come polizza del ramo vita.

In sintesi, quindi, per le polizze unit-linked pure la sentenza della Cassazione in commento ha escluso l'applicabilità della tutela di cui all'art. 1923 c.c., in quanto tali contratti non sono assolvono esigenze previdenziali per le quali è necessario sacrificare la tutela dei creditori, impedendo a questi ultimi l'esercizio di azioni esecutive e cautelari. In questa terza sotto-categoria di polizze unit-linked, pertanto, la componente assicurativa non è affiancata da quella finanziaria, ma del tutto esclusa da quest'ultima.

Si segnala che la Cassazione aveva già affrontato il tema in esame (Cass. Civ., Sez. II, 22 ottobre 2021, n.29583; Cass. Civ., Sez. III, 5 marzo 2019, n. 6319), sul quale si era espressa anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Corte di Giustizia UE, Sez. III, 24 febbraio 2022, C-143/20 e C-213/20; Corte di Giustizia UE con la sentenza C-542/16 del 31 maggio 2018, Länsförsäkringar Sak Försäkringsaktiebolag; Corte di Giustizia UE C-166-11 del 1° marzo 2012).

In particolare, la Corte di Giustizia, con la citata sentenza del 24 febbraio 2022, aveva posto l'accento sugli obblighi informativi a carico degli intermediari nella stipulazione delle polizze unit-linked, proprio perché "le caratteristiche degli strumenti finanziari che compongono le attività di contropartita di un contratto unit-linked e, segnatamente, la natura e il rendimento di detti strumenti, nonché i rischi ad essi associati, sono di primaria importanza per la scelta consapevole di un siffatto prodotto assicurativo da parte del consumatore". Invece, la Suprema Corte con la predetta ordinanza del 22 ottobre 2021, aveva qualificato le polizze unit-linked pure come mandato di gestione del denaro investito, in cui l'investitore matura il diritto al mero risultato di gestione.

Allo stato si segnala infine che, a seguito dell'ordinanza interlocutoria n. 28185 del 26 giugno 2023, depositata dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, le Sezioni Unite dovranno esprimersi in merito alla classificazione delle polizze unit-linked, e all'influenza di tale classificazione sull'applicabilità o meno dell'art. 1923 c.c. alle stesse.

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