In tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all'immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l'esecuzione delle opere di ripristino l'esborso di somme di notevole entità, in base all'economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché dette somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell'art. 1220 c.c., rimane obbligato, altresì, al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand'anche abbia smesso di servirsi dell'immobile per l'uso convenuto.
Il suindicato principio è stato affermato da ultimo dalla sentenza n. 39179 del 9 dicembre 2021, resa dalla Terza sezione Civile della Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi su una controversia avente ad oggetto una locazione.
Tale decisione si pone nel solco di un costante orientamento giurisprudenziale (ex multis Cass. Civ., sez. III, sent. n. 12977/2013) secondo il quale, nell'ipotesi in cui l'immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello originario, a causa di intervenute innovazioni o trasformazioni, il locatore può legittimamente rifiutare la restituzione del bene nello stato in cui viene offerto.
Più nello specifico, al fine di accertare se il rifiuto del locatore di ricevere la cosa locata sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la stessa risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all'obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, ovvero per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni e/o innovazioni. Nel primo caso, (trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa, e non implicano l'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa), l'esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello "status quo ante" rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo, salvo il diritto al risarcimento dei danni. Nel secondo caso, invece, (poichè l'esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un'attività straordinaria e gravosa) il locatore potrebbe legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta (cfr. Cass. Civ., sez. III, ord. n. 7424/2021; Cass. Civ., sez. VI, ord. n. 30960/2017).
Occorre, altresì, precisare che l'applicazione del principio desumibile dall'art. 1590 c.c., che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell'immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, non può, però, ritenersi incondizionata ed automatica e va, pertanto, coordinata con il principio di cui all'art. 1227 c.c., comma 2, secondo il quale, in base alle regole dell'ordinaria diligenza, il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa (Cass. Civ., sez. III, ord. n. 10394/2017).
In ragione di tale bilanciamento, non potrà, ad esempio, ammettersi la paradossale conseguenza che il conduttore, in caso di oggettiva difficoltà economica a provvedere alle necessarie opere, possa essere tenuto a pagare il canone indefinitamente, sol che il locatore continui a rifiutare la restituzione, e potrà tenersi conto della situazione economica del locatore che, in grado di affrontare senza particolari difficoltà le spese di ripristino, non potrà legittimamente rifiutare la restituzione del bene, con conseguente esclusione della mora debendi del conduttore (cfr. Cass. Civ., sez. III, sent. n. 12977/2013).
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